La disabilità in Italia, dati alla mano

Chi sono e come vivono le persone con disabilità in Italia? Quali sono le loro condizioni di vita e qual è la distanza rispetto al resto della popolazione? Come vivono la casa, la scuola, il tempo libero, il mondo del lavoro? 

Una visione completa la si può ottenere consultando il volume dell’ISTAT “Conoscere il mondo della disabilità”. Qui in sintesi, in Italia il numero di persone con disabilità nel 2019 corrisponde al 5,2% della popolazione (3 milioni e 150 mila persone), principalmente donne o persone anziane. A livello geografico, i dati delle isole e del Centro Italia riportano il maggior numero di persone con disabilità, un numero che decresce nel Nord. Molte sono le persone anziane, sopra i settantacinque anni, che riportano difficoltà in attività di tipo domestico, dal fare la spesa alla gestione delle risorse economiche, per menzionarne alcune. 

Le maggiori discrepanze tra persone con disabilità e il resto della popolazione si riscontrano nell’utilizzo dei mezzi pubblici urbani (in media 14.4% vs 25.5%), nella violenza fisica o sessuale (il 32% nella popolazione femminile vs il 37% per le donne con limitazioni gravi), nel benessere economico (il reddito annuo equivalente medio comprensivo dei trasferimenti da parte dello Stato è di 17.476 euro, inferiore del 7,8% a quello nazionale), nel lavoro (nel 2019, nelle persone tra i 15 e i 64 anni, risulta occupato solo il 32,2% di coloro che soffrono di limitazioni gravi contro il 59,8% delle persone senza limitazioni).

Inoltre, la qualità della vita (misurata in termini di rischio di povertà, tipo di abitazione, partecipazione sociale, soddisfazione per il tempo libero e le relazioni amicali o familiari, e pratica sportiva, per menzionarne alcuni) sembra essere nettamente inferiore per le persone con disabilità, a giudicare dai dati che abbiamo a disposizione: il 28,7% delle famiglie con persone disabili è in condizioni di deprivazione materiale mentre il dato medio nazionale è il 18%.

In termini di partecipazione scolastica, gli alunni con disabilità sono in crescita, ma il numero di assistenti per alunni varia considerevolmente tra le regioni italiane, e in termini di barriere architettoniche solamente una scuola su 3 risulta accessibile per gli alunni con disabilità motoria (con forti variazioni regionali). 

Il sistema di welfare, che garantisce alcuni contributi legati alla disabilità, incide sul rischio di povertà, che per le famiglie con persone disabili è pari al 19% per coloro che usufruiscono dei contributi, e al 34% in assenza. Per quanto riguarda le diverse forme di supporto economico, quasi la metà delle famiglie con persone con disabilità usufruisce di trasferimenti monetari, di cui il 18,7% beneficia di almeno un trasferimento di tipo previdenziale e il 39,5% di almeno uno di natura assistenziale. In crescita anche la spesa comunale per i servizi, che dal 2003 al 2018 è raddoppiata, diventando pari a 2 miliardi e 5 milioni di euro (pari a quanto lo Stato Italiano ha speso per il reddito di cittadinanza in poco meno di tre mesi nel 2021), grazie principalmente all’istituzione del Fondo nazionale per la non autosufficienza.  

Al contempo però molte persone con disabilità e le loro famiglie sono vittime di deprivazione. Per far comprendere di cosa si parla, si riprenda l’ultimissima definizione adottata da ISTAT per “deprivazione” e quindi quell’indicatore che misura la capacità di spesa e si riferisce al fatto di poter riscaldare adeguatamente l’abitazione, di affrontare una spesa imprevista di 800 euro, di consumare un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni, di potersi concedere una settimana di vacanza.

ISTAT lo certifica in modo netto nel Rapporto annuale 2022 - la situazione del paese: “un quinto delle famiglie con almeno una persona con disabilità è deprivato; lo è più del 25% tra le famiglie monoreddito e quasi il 30% tra quelle residenti nelle regioni del Mezzogiorno; tutti i valori superano sensibilmente quelli registrati tra le famiglie senza disabilità (12,4 per cento del totale famiglie, 16,6 di quelle monoreddito, 16,8 di quelle residenti nelle Isole e 22,9 per cento nel Sud).”

 

Si aggiunge che “nonostante le politiche di welfare abbiano ridotto il rischio di povertà delle famiglie con persone con disabilità, queste non riescono ad annullare le forme estese di deprivazione materiale. I servizi e gli interventi in tema di assistenza socio-assistenziale lasciano ancora un onere di cura importante sulle famiglie e non permettono di colmare lo svantaggio nelle prospettive di lavoro e carriera dei caregiver e delle stesse persone con disabilità.” 

 

Le famiglie delle persone con disabilità sono costrette a sostenere spese ingenti: nel 2017, quasi un quarto di queste ha acquistato servizi per assistenza e cura, il 91 per cento ha sostenuto costi per l’acquisto di medicinali e il 79,2 per cento per cure mediche. Circa la metà di queste famiglie valuta molto pesante l’incidenza di tali spese sul bilancio familiare, peso che aumenta considerevolmente se si includono anche le spese per l’assistenza domiciliare con personale specializzato.

 

È spesso poco sottolineato, ma vale la pena ricordare, quanto ognuno di noi potrebbe trovarsi in condizioni di disabilità prima o poi, potrebbe dipendere dal progredire dell’età, oppure trattarsi di disabilità invisibile o temporanea. La prima, ad esempio, si riferisce a casi di persone con esiti da patologie oncologiche, che riscontrano difficoltà nell’ottenere mutui e assicurazioni anche a seguito di guarigione o remissione. Oppure nel caso di disabilità temporanea, quando alcuni infortuni possono metterci in condizione di disabilità per un determinato periodo e quindi nella necessità di adattamenti al contesto di vita, di sostegni, di supporti.

Per questo, lo strumento dell’ICF (la Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute, o in inglese International Classification of Functioning, Disability and Health, è un sistema di classificazione della disabilità sviluppato dall'Organizzazione mondiale della sanità nel 2001) aiuta a fotografare in maniera oggettiva l’interazione fra menomazioni e limitazioni delle attività e della partecipazione, considerando anche i fattori ambientali.

Anche grazie all’adozione di questi strumenti possiamo contare su supporti scientifici alla nostra comune azione politica per la garanzia delle pari opportunità e l’autodeterminazione delle persone con disabilità.


Scopri perchè se i dati non esistono, le persone non esistono